“Grave errore sfruttare la passione dei tifosi ai fini di sportwashing”
Riprendiamo qui di seguito il comunicato apparso nel sito di Amnesty International Italia:
Mercoledì 18 gennaio si disputerà a Riad, capitale dell’Arabia Saudita, la Supercoppa italiana tra Milan e Inter.
Riccardo Cucchi, storica voce della trasmissione radiofonica “Tutto il calcio minuto per minuto” e presidente della giuria del premio Sport e diritti umani, istituito nel 2019 da Amnesty International Italia e Sport 4 Society, ha diffuso questa dichiarazione:
“Il calcio non può voltarsi dall’altra parte. I valori e la loro tutela sono parte integrante dello sport. Grave errore sfruttare la passione dei tifosi per operazioni di sportwashing. Il denaro non può essere l’unica ragione sociale di uno sport che ha profonde radici popolari e diffusione ormai planetaria. I diritti umani non sono politica. Sono le fondamenta della civiltà. Il calcio non può cambiare il mondo ma può impegnare se stesso e i suoi atleti per spiegare che può essere migliore”.
La situazione dei diritti umani in Arabia Saudita è catastrofica.
Solo pochi giorni fa si è appreso che uno dei più antichi critici di bin Salman, il docente universitario Awad al-Qarni, rischia la pena di morte per aver espresso le sue opinioni su Twitter. E solo pochi giorni fa sono trascorsi due anni dall’arresto dell’attivista Salma al-Shebab, che lo scorso agosto è stata condannata a 34 anni di carcere, seguiti da altrettanti anni di divieto di viaggio all’estero, sempre per aver espresso le sue opinioni sui social media.
Nel 2022 sono state eseguite circa 150 condanne a morte.
Sull’uomo forte del regno saudita, Mohamed bin Salman, pesano le responsabilità dell’omicidio del giornalista e dissidente Jamas Khashoggi (trucidato nel 2018 nel consolato saudita di Istanbul, in Turchia) e della guerra contro lo Yemen, lanciata nel 2015 insieme agli Emirati Arabi Uniti, che ha prodotto quella che secondo le Nazioni Unite è “la più grave crisi umanitaria contemporanea”.
L’obiettivo dello sportwashing è di rimuovere e far dimenticare, attraverso l’organizzazione di grandi eventi sportivi, queste e altre vicende che potrebbero recare danno alla reputazione degli stati del Golfo.